Dal 22 novembre al 3 marzo,
a cura di Elisabetta Masala con un testo critico di Juliette Desorgues
Il magico e la mitologia, la tradizione classica e la cultura arcaica si mescolano nella ricerca dell’artista svizzera che sperimenta materiali dal valore fortemente espressivo in un racconto corale dalle sfumature epiche.
Divinità della terra e della notte, simbologie arcane, proprietà benefiche delle piante e antiche sapienze botaniche permeano l’opera di Una Szeemann di mistero e, insieme, di memorie ataviche, mentre il sentimento selvatico dei boschi prende corpo in forme astratte ma potentemente evocative.
Il progetto per il MAN si presenta connesso al territorio della Sardegna, alle sue asperità, alla leggenda delle Janas e alla persistenza archeologica nel paesaggio, laddove la natura stessa pare talora fossilizzarsi, mimetizzarsi con le pietre e con le creste del Supramonte.
Una Szeemann (Locarno, CH, 1975) vive e lavora a Zurigo e Tegna. Ha completato gli studi di recitazione a Milano. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre internazionali, tra cui al Kunsthaus Zürich, alla Kunsthalle Winterthur, al Museo Cantonale d’Arte di Lugano, al Kunstmuseum Luzern, al Kunstverein Hamburg, al Belvedere 21 di Vienna, alla Biennale di Venezia, alla Biennale di Busan, alla Biennale di Lione e alla Manifesta 11 di Zurigo. Insegna presso istituti accademici come la Zürcher Hochschule der Künste (ZHdK), la Haute École d’Art et de Design di Ginevra (HEAD) e altre università.